COMUNIONE LEGALE E PARTECIPAZIONE IN SOCIETA’ DI CAPITALI

L’applicazione della normativa prevista in materia di comunione legale dei coniugi, offre degli spunti di riflessione anche nel campo del diritto societario. Per differenti ragioni ci si interroga sulla sorte delle partecipazioni in società di capitali, nel caso in cui queste vengano acquistate in costanza di matrimonio ed in comunione legale.
Per tutte le società di capitali, per i soci a responsabilità limitata, l’argomento può essere affrontato mediante una lettura degli artt. 177 lett. A – 184 – 2347 c.c.
Con la prima norma infatti è semplice comprendere come qualunque acquisto in costanza di matrimonio e del regime di comunione legale, ricada nell’ambito del regime patrimoniale indicato e troverà applicazione anche nel caso delle quote societarie.
Tuttavia verso la società: ove non venga fatta richiesta di iscrizione nel libro soci ovvero non sia stata comunicata la contitolarità effettiva della partecipazione nell’atto di acquisto esplicitando il regime patrimoniale, il coniuge non acquirente non avrà alcun diritto verso la società (ad. esempio di voto in assemblea o di percepire gli utili). In caso contrario invece, dovrà nominarsi il rappresentante comune ex art. 2347 c.c., che sarà il soggetto legittimato verso la società.
Qualora poi il socio coniuge-acquirente, vorrà cedere la partecipazione, potrà farlo senza la firma dell’altro coniuge, non trovando applicazione l’art. 184 com. I c.c., in quanto le quote non sono equiparabili a beni mobili registrati. Di conseguenza l’eventuale alienazione sarà valida, salvo l’eventuale risarcimento del danno (ad esempio una contestazione sull’ammontare del prezzo di vendita).